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L’Olanda di De Boer è il primo scalpo eccellente di questo europeo, preso al volo da una Repubblica Ceca abilissima nello sfruttare il momento.

È un fallimento che fa rumore, anche perché dopo un girone condotto in maniera abbastanza brillante, gli Orange erano tra i candidati ad arrivare in fondo anche in virtù di una parte di tabellone non proprio insormontabile.

Un C.T. mai troppo amato

De Boer è il primo nome sul banco degli imputati e in Olanda non si aspettava altro. Parliamo di un CT mai troppo amato, la cui colpa primaria è stata quella di abiurare al dogma calcistico olandese del 4-3-3 in favore di un 3-5-2 che, a dirla tutta, sembrava comunque più adatto al materiale umano a disposizione del tecnico olandese.

Nonostante queste considerazioni di natura tattica, in Olanda la critica feroce ai danni del mister non ha cessato mai, nemmeno dopo le vittorie della fase a gironi. De Boer ha dovuto subire attacchi incrociati di ogni tipo, da quelli diretti alla sua panchina arrivati anche dal gemello, a quelli sui singoli della sua formazione.

Qualche giorno fa Van Basten ad esempio aveva criticato il modo di difendere di De Ligt, sostenendo che il centrale della Juve in Italia, non avesse imparato poi così tanto a difendere, limitandosi a correre dietro gli avversari dopo aver creato lui stesso il buco. Una situazione che si è plasticamente riproposta nell’episodio che ha condizionato la partita, ovviamente quello dell’espulsione del centralone orange.

Insomma, questa atmosfera non proprio idilliaca ha sicuramente condizionato l’ambiente e il continuo delegittimare l’autorità dell’allenatore, anche inconsciamente, può aver influito sulle prestazioni in campo dei giocatori.

Il confuso assalto finale alla porta Ceca ha dimostrato come non ci fosse un piano di gioco studiato e come ognuno andasse sostanzialmente per la propria strada.

Manca la personalità all’Olanda?

Non possiamo certo dire che dal punto di vista puramente tecnico l’Olanda sia troppo inferiore alle super favorite dell’europeo, gli orange anzi si inseriscono perfettamente in quel gruppone di formazioni, dove troviamo ad esempio Italia, Belgio, Germania, Spagna che possono anche legittimamente pensare di alzare il trofeo nonostante scontino qualcosa contro Francia e Inghilterra favorite della vigilia.

Giocatori come Wijnaldum, Depay, De Jong, De Ligt, De Vrij sono tra i top nel loro ruolo e l’esplosione di sorprese come Dumfries sembrava poter preludere ad un torneo ricco di soddisfazioni.

Quello che sembra mancare a questa nazionale è la personalità, il carattere e quel pizzico di cattiveria agonistica che permette di superare le difficoltà di una partita storta che si mette male: la differenza con l’ottavo di finale dell’Italia è stato probabilmente questo, con due squadre protagoniste della loro peggior recita fin qui, di fronte a due formazioni organizzate e fisiche.

In questo senso per l’Olanda la mancanza di Virgil Van Dijk è stata più pesante del previsto: se tecnicamente il giocatore trova sostituti validi come De Ligt e De Vrij, dal punto di vista del carisma e dello spirito vincente il centrale del Liverpool non ha eguali nella formazione orange, se non forse in Daley Blind che l’ha effettivamente sostituito sul campo, ma che fisicamente e tecnicamente non lo vale.

Il leader tecnico della squadra di De Boer è stato Memphis Depay, giocatore delizioso con la palla tra i piedi ma che non sembra avere spalle abbastanza larghe da caricarsi una squadra addosso in momenti di difficoltà.

Wijnaldum e De Jong hanno mancato l’appuntamento degli ottavi e in generale l’Olanda è apparsa una squadra che alla prima vera difficoltà si è squagliata al caldo di Budapest.

Equilibrio sottile

Certo il confine tra il fallimento e il passaggio del turno è comunque stato molto labile, esprimendosi compiutamente in quel minuto di gioco che ha cambiato le sorti del match, quando cioè Malen ha mostrato tutto il bello e il brutto del proprio repertorio nell’arco di 10 secondi, prima inventando dal nulla, e poi sprecando clamorosamente, una palla gol colossale.

Sul ribaltamento De Ligt scivola sulla buccia d’arancia (lanciata da Van Basten?) e goffamente ci mette le mani, come troppo spesso accade, facendosi cacciare con ancora gran parte della ripresa davanti: se non proprio di errore tecnico si può parlare, quantomeno qualche considerazione sull’esperienza del giovane virgulto bianconero si può abbozzare, dato che sarebbe stato più conveniente evitare quella infausta giocata e giocarsi in parità numerica la ripresa.

A questo aggiungiamoci uno Stekelenburg alquanto confuso nell’azione dell’1-0 ceco e la frittata è servita. Anche perché la Repubblica Ceca di Silhavy ha fatto la sua onesta partita, ordinata e tosta, aggiungendoci quel pizzico di qualità che un rinato Patrik Schick ha dimostrato di poter mettere sul piatto. Ora i nipotini di Nedved e Poborsky possono giocarsi contro la Danimarca la finale per decretare la sorpresa di Euro 2020 in una partita equilibrata e aperta ad ogni risultato.

Per l’Olanda invece la palma della delusione più cocente di Euro 2020 (al netto di clamorosi ribaltoni franco-svizzeri) anche se a rimetterci le penne in questo turno sono stati financo i campioni in carica del Portogallo, contro però un avversario diverso e dimostrando inoltre di meritare qualcosa di più, grazie ad una prestazione frizzantina resa solo un po’ più sgasata dall’opacità di CR7.

Due eliminazioni quindi diverse, nel modo e nel peso specifico, perché la sensazione netta è che l’Olanda abbia buttato via un’occasione d’oro per disputare un torneo da assoluta protagonista.