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Compie oggi 41 anni il primo Wonder boy del calcio inglese, considerato uno dei più grandi attaccanti britannici della storia del football.

La prima parola che viene associata in genere alla carriera di Owen è “precocità”. Michael, da ragazzo, aveva letteralmente bruciato le tappe, vincendo anche un Pallone d’oro, quando aveva poco più di vent’anni. La sua carriera probabilmente dopo non ha retto le aspettative, ma l’impatto che ha avuto il calciatore nei suoi primi anni nella Premier è stato enorme, tanto da farlo diventare in breve tempo la star del campionato. Nato a Chester il 14 dicembre 1979, Owen crebbe nel nord-ovest dell’Inghilterra, al confine con il Galles e lontano dai grandi centri urbani. Il padre Terry era stato un calciatore di discreto successo negli anni sessanta e settanta, e Michael proseguì sulla stessa strada. Già a 10 anni veniva monitorato dai vari club, e, pur essendo un grande sostenitore dell’Everton in tenera età, decise di affrontare l’offerta dei grandi rivali del Liverpool, squadra con il quale farà le giovanili prima di esordire nel massimo campionato inglese nel maggio 1997, segnando contro il Wimbledon in una gara di fine stagione, quando non era ancora maggiorenne. Sembrava solo un giovane dalle belle speranze, ma l’anno successivo fece una stagione straordinaria, diventando capocannoniere del torneo con 18 gol, e venendo anche convocato per i Mondiali in Francia. Vederlo giocare in quei Campionati del Mondo era curioso: Owen, alto circa un metro e settanta, quindi minuto e dal viso pulito, sembrava davvero un ragazzino in mezzo ai grandi, sensazione accentuata anche dalle maglie da gioco larghe che si usavano allora. Il Wonder boy invece era tutt’altro che impaurito, andò a segno sia con la Romania che con l’Argentina, nell’ottavo di finale diventato famoso per l’espulsione di Beckham, la quale costò poi l’eliminazione ai rigori dei leoni indomabili. Owen non si fermava più: nel 98-99 fu ancora capocannoniere con 18 gol, prese parte alla non memorabile esperienza con la Nazionale a Euro 2000, e l’anno dopo fu protagonista dei 5 trofei nell’anno solare vinti dal Liverpool: la FA Cup, la League Cup, il Community Shield, la Coppa Uefa e la Supercoppa Europea.

Ecco il perché di quel Pallone d’oro. Il Liverpool, pur non riuscendo mai a vincere il titolo, era una squadra spettacolare, di cui Owen rappresentava la punta di diamante. Segnò ben 158 gol con la maglia dei Reds nei suoi otto anni di permanenza, essendo il miglior marcatore della squadra ogni singola stagione. Nel 2004 il grande salto, in piena era Galacticos, Florentino Perez firmò quell’estate proprio il contratto che portò Owen al Real Madrid, un contesto in cui non renderà il massimo. Il giocatore entra spesso a partita in corso, e pur segnando 13 gol nella Liga capita in un’annata disgraziata per i blancos, che si renderanno conto che non basta mettere assieme grandi giocatori per formare una grande squadra. Tornato dopo solo un anno in Inghilterra, al Newcastle, subisce il peggior infortunio della sua carriera al suo terzo Mondiale, quello di Germania 2006, allorché si ruppe il legamento crociato contro la Svezia. Dovette rimanere ai box per quasi un anno intero, prima di poter tornare in campo. Nelle stagioni con il Newcastle dimostrò comunque una buona vena realizzativa, e per questo fu chiamato, nell’estate del 2009, dal Manchester United, per sostituire Ronaldo, andato anch’egli al Real Madrid. I tifosi lo accolsero con livore, data la sua provenienza dall’odiato Liverpool, ma Owen riuscì a ritagliarsi il suo spazio. Tuttavia, anche a causa di altri infortuni, il suo minutaggio diminuì di anno in anno, tant’è che realizzò appena 17 gol nei tre anni in cui vestì la maglia dei rossi di Manchester. Ebbe comunque le sue soddisfazioni, dato che nel 2011 vinse per la prima volta il campionato inglese, in una stagione in cui lo United arrivò anche in finale di Champions League, sconfitto però dal Barcellona. L’ultimo anno della sua carriera calcistica lo passò allo Stoke City, dove segnò il suo 150esimo e ultimo gol in Premier League. Al giorno d’oggi Owen è spesso opinionista e commentatore, ha una grande passione per i cavalli e l’equitazione, e si gode il figlio James e le figlie Gemma, Emily e Jessica, tutte avute dalla moglie Louise Bonsall, che ha conosciuto a scuola all’età di 5 anni e che non ha più lasciato. Anche in questo “precocità” è la parola giusta.

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