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Notti di coppe e notti di campioni. I secondi, nelle coppe, fanno sempre la differenza. L’aveva già decisa all’andata con uno stacco di testa poderoso, l’ha decisa di nuovo ieri, al ritorno al Gewiss Stadium, incrociando un destro morbido e di gran classe che non ha lasciato scampo a Musso. L’aveva decisa all’81’ all’Old Trafford, l’ha decisa al 90’ al Gewiss, dopo aver già stampato il proprio indelebile timbro nella sfida contro il Villarreal.

Atalanta di nuovo beffata

Cristiano Ronaldo, che è un campione 365 giorni l’anno, diventa leggenda quando suona la musica della Champions.

Nel contesto di una partita giocata benissimo dall’Atalanta di Gasperini, dalla quale tanto ci aspettiamo che ormai anche un pareggio contro il Manchester United suona come un piccolo passo falso, CR7 ha fatto quello che fanno solo i grandissimi campioni: decidere la partita quando ce ne è davvero bisogno.

Non che il gol del momentaneo 1-1 fosse roba da poco, ma qui è da applaudire la genialata di Bruno Fernandes, con un tacco che ha ricordato molto quello di Guti contro il Deportivo la Coruña di alcuni anni fa.

Eppure quel 2-2, arrivato quasi all’improvviso, davvero è un gol che solo Ronaldo poteva tirare fuori dal cilindro. Quando c’è una carambola nei suoi pressi, sai che la palla finirà ai suoi piedi, sai che calciandola bucherà la rete. Angolino destro, imparabile anche per un gran portiere come Musso. 2-2.

L’Atalanta ha lasciato il palleggio agli avversari (52.7% di possesso palla per i Red Devils) ma non ha perso i duelli (9 quelli vinti contro i 10 dei diavoli rossi) né la spinta in fase offensiva (10 tiri totali contro 13), dimostrando di aver pensato prima e svolto poi una partita seria, una partita vera. Da Dea del calcio.

Perché parlare dell’Atalanta come di una favola non è più possibile né giusto. L’Atalanta è lì a mettere in grande difficoltà le grandi del calcio europeo. Che conoscono e rispettano a loro volta il valore dell’Atalanta.

«Abbiam raccolto poco, tra andata e ritorno», ha detto Gasp. Tre anni fa sarebbe stata pura chimera, ma al momento è dura realtà. L’Atalanta dovrà vincere contro lo Young Boys in Svizzera e in casa all’ultima contro il Villarreal. Con questo pubblico, che merita una menzione speciale, ci stupiremmo di vedere la Dea fuori dal girone. Per una squadra che sta giocando con un fuoriruolo (De Roon) e che ha due titolari ai box (Gosens e Pessina), è già tantissimo. Ma non è ancora tutto.

Juve i carrozza agli ottavi

E la Vecchia Signora? Quasi le stona l’antico titolo. Questa Juventus è nuovissima, rigenerata da due giorni di ritiro. È possibile? Ci crediamo davvero? Il campo ha parlato, parla sempre alla fine.

I numeri, prima di tutto. 26 tiri totali della Juventus verso la porta russa, 13 quelli subìti dallo Zenit. 21 dei 26 su azione manovrata (3 calci piazzati, 1 contropiede e un rigore, trasformato da Dybala dopo il primo tentativo, fatto ribattere dall’arbitro, finito fuori). 4-2 il punteggio finale, per i bianconeri.

4-4-2, al diavolo la solidità difensiva. Quello che più contava ieri sera, lo si è visto fin dai primi minuti, era l’intensità, la famosa fame che tanti di noi addetti ai lavori abbiamo rimproverato, mancante, alla Juventus di Allegri versione Sassuolo e Verona (ma non solo).

La Juventus sterile, noiosa, prevedibile e piatta che abbiamo conosciuto in queste prime 11 giornate di Serie A è parsa brillante, elastica, cattiva e determinata, persino bella da vedere, nella notte di Champions che sancisce praticamente il passaggio agli ottavi – ma contro il Chelsea a Stamford Bridge si capirà se da primi o da secondi, per ora la Juventus guida il girone.

Indubbiamente, comunque, questa vittoria, che è una vittoria di squadra, porta il timbro di due fuoriclasse. Uno già lo aveva dimostrato a Verona nello scempio generale, l’altro non vedeva l’ora di tornare a spaccare il clima Champions, dove sembra esaltarsi.

Paulo Dybala e Federico Chiesa, sono loro i due fuoriclasse a cui la Juventus, mancante Ronaldo, dovrà aggrapparsi da qui a fine stagione. Il primo ha segnato una doppietta, ha colpito un palo, ha giocato quasi da solo nei primi 20’ un po’ come era accaduto a Verona – quando solo Montipo’ era riuscito a negargli la gioia del 2-2. Ha giocato da capitano, soprattutto. Leader si è non solo nella voce e nel recupero profondo (vedi Morata) ma anche e soprattutto nella leadership tecnica.

Dal 10 al 22, cioè Federico Chiesa che ha dimostrato di avere ancora una volta un feeling speciale con la Champions. Altro gol, altra perla. Il 4-1 l’ha firmato Morata, autore di una prova di cuore. I due gol russi sono arrivati su autogollonzo di Bonucci e gran gol di Azmoun, iraniano che piace anche alla Roma di Mourinho.

Ma nessuno avrebbe mai dubitato del risultato, dal 1’ al 90’. Una risposta convincente, in parte inaspettata. La Juventus c’è, ma in Champions quasi non è una novità. Appuntamento a Stamford Bridge.