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Calcio italiano nel caos: se da un lato il Governo frena, la Serie A continua a cavalcare l’onda della ripartenza

Nella giornata di ieri, il Ministro della Salute Speranza, il viceministro Sileri e quello dello Sport Spadafora hanno manifestato, in maniera categorica, quella che è attualmente la posizione del Governo: al momento il calcio non è una priorità e, con oltre 450 morti al giorno, la ripresa del campionato non è tra i temi del giorno. Una presa di posizione che però non stata ben digerita dalla Lega Calcio e dalla FIGC, con il presidente Gabriele Gravina che, anche pubblicamente, ha ammesso di non volter essere “il becchino del calcio italiano”, aspettandosi uno stop definitivo dal Governo stesso.

In attesa dell’incontro di mercoledì tra Spadafora e le varie componenti calcistiche, iniziano a trapelare le prime indiscrezioni: secondo Sport Mediaset, il Governo, per prendere tempo, chiederà alla FIGC di stilare un secondo protocollo sanitario perché il primo presenta delle parti non chiare, specialmente per quanto riguarda il rispetto delle modalità dei vari ritiri a cui le squadre si dovrebbero sottoporre in caso di nuova ripartenza. Proprio la stesura del primo protocollo ha provocato le dimissioni del dottor Tavana, medico sociale del Torino e rappresentante della Serie A all’interno della commissione medica diretta dal prof. Zeppilli voluta dallo stesso Gravina. Secondo i primi rumors, dietro la decisione di dimettersi di Tavana c’è il contributo pressoché nullo dello stesso, tagliato praticamente fuori dall’equipe medica. Una situazione che è diventata insostenibile, anche perché saranno proprio i medici delle varie squadre a vedersi accollare la responsabilità giuridica e penale di attuazione del protocollo. Insomma, il calcio italiano necessita di un punto d’incontro che, per il momento, non è stato raggiunto perché ognuno persegue la strada che porta al proprio interesse particolare senza considerare quello generale. Per questo, dalla riunione di mercoledì dovrebbe uscire un verdetto più o meno definitivo. Dovrebbe, perché il condizionale è d’obbligo per un duplice motivo: da un lato è ancora impossibile prevedere cosa potrà succedere tra un mese con il Coronavirus, dall’altro appare evidente come le polemiche, le frecciate, i botta e risposta non tarderanno ad arrivare come è sempre stato.

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