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Quando si parla di Nba c’è sempre aria di novità, di notizie e di potenziali innovazioni da poter mettere in atto, come ad esempio l’ultima news secondo cui la National Basketball Association stia pensando di creare una propria lega anche in Europa.

Un’altra potenziale novità potrebbe essere un’ulteriore espansione dell’Nba nello stesso territorio americano, con l’aggiunta di una o addirittura due nuove franchigie: si parlava inizialmente di Città del Messico, anche se l’ipotesi sembra tramontata e, con tutta probabilità, saranno Las Vegas e Seattle ad essere le prime opzioni esaminate a fondo. Ma esattamente, come funziona il sistema delle franchigie Nba?

Le attuali trenta franchigie in Nba

Ad ora, sono trenta le franchigie che compongono la massima lega cestistica americana, divise in due Conference, Eastern e Western, e in sei Division (Atlantic, Central, Southeast, Northwest, Pacific e Southern). Nel 2020 Forbes ha pubblicato la classifica delle franchigie più costose in quel momento (in testa New York a 4.6 miliardi, seguita dai Lakers a 4.4 miliardi e dai Warriors a 4.3 miliardi), cifre poi cresciute nei successivi anni, a testimonianza dell’ottimo lavoro compiuto dal Commissioner Adam Silver, succeduto nel 2014 al compianto David Stern. Per fare un esempio: ad inizio 2024, Warriors, Knicks e Lakers si trovavano ancora in testa, ma il proprio valore è decisamente aumentato nel corso di questi quattro anni (8.28 miliardi Golden State, 7.43 miliardi New York, 7.34 i gialloviola di Los Angeles).

La differenza con l’Europa

In America dunque vige il sistema delle franchigie, ben diverso da quello europeo, in cui sono presenti i club. L’Nba, come spiegato anche dalle cifre di cui sopra, è improntata al profitto e al marketing, ad un giro di affari sempre in netta espansione, senza chiaramente dimenticare i risultati che si ottengono sul campo.

Nei campionati europei esistono le promozioni o anche le retrocessioni, un mondo chiaramente differente rispetto alla massima lega cestistica americana, in cui è la stessa Nba a scegliere se una determinata città possa ospitare una nuova franchigia o meno.

Come spiegheremo nei successivi paragrafi, ci sono stati casi in cui una franchigia è stata spostata da una città ad un’altra (vedi i Seattle Supersonics, diventati nel 2008 Oklahoma City Thunder dopo aver cambiato proprietà). Da non dimenticare è anche il fattore “equilibrio”: l’Nba cerca di garantire stabilità a tutte le trenta franchigie, nessuna esclusa, e dunque, facendo un esempio concreto, le squadre che raggiungono gli ultimi posti al termine della stagione regolare avranno più possibilità di una scelta alta al Draft, di rifondare quindi il proprio team con giocatori interessanti, pur in uscita dal college.

In Europa questo sistema non c’è, ma l’Eurolega (il massimo torneo cestistico europeo) ha ultimamente introdotto una sorta di salary cap alla maniera dell’Nba, oltre ad aver aumentato il numero di partite durante la stagione regolare, andando ad inserire persino i doppi turni settimanali – per quanto le differenze risultino comunque evidenti tra i due mondi, quello europeo e quello americano.  

Le prime espansioni

Inutile dire che in principio il numero di franchigie presenti era nettamente inferiore alle trenta attuali. Innanzitutto serve fare diversi passi indietro, partendo dal 1946, anno in cui, a New York, nacque la BAA (American Association of America), una lega che poteva contare su 11 team, tra cui Boston Celtics, New York Knicks, Philadelphia Warriors, Toronto Huskies e New York Knickerbockers. Nel 1949 arrivò già la svolta: la BAA si fuse con la NBL (National Basketball League) e cambiò denominazione, diventando ufficialmente NBA (National Basketball Association).

Fino alla stagione 1965-66 i team in Nba erano nove (alcuni cambiarono denominazione in quegli anni), ovvero Boston Celtics, Cincinnati Royals, Philadelphia 76ers e New York Knicks per la Eastern Division; Los Angeles Lakers, St.Louis Hawks, Baltimora Bullets, Detroit Pistons e San Francisco Warriors per la Western Division.

Nel 1966 si aggiunsero i Chicago Bulls, mentre un anno più tardi i Seattle Supersonics e i San Diego Rockets, prima di Milwaukee Bucks (1968), Phoenix Suns (1968), Cleveland Cavaliers (1970), Portland Trail-Blazers (1970) e Buffalo Braves (1970). Insomma, l’Nba si espanse, aggiungendo ben otto franchigie ed introducendo la divisione in Eastern Conference e Western Conference, oltre alle quattro Division (Atlantic, Central, Midwest, Pacific). L’espansione proseguì a grandi passi e nel 1977 la ABA venne inglobata dall’Nba, la quale incrementò il numero di team alla propria lega (New York Nets, Denver Nuggets, Indiana Pacers e San Antonio Spurs).

Le squadre diventarono 27 nel corso degli anni ’80, con Dallas Mavericks, Miami Heat, Charlotte Hornets, Orlando Magic e Minnesota Timberwolves che si unirono alla festa – da sottolineare che nel 1979 prese lo scettro dell’Nba il Commissioner David Stern. Da 27 passarono a 29 nel 1995 (Toronto Raptors e Vancouver Grizzlies), fino al 2004, quando gli Charlotte Bobcats diventarono la trentesima, e fin qui ultima, franchigia inserita in Nba.

Una possibile nuova espansione

Come detto, un altro modo per ottenere una franchigia, oltre ad acquistarne una già esistente, è la possibilità di espansione, decisa ovviamente dall’Nba stessa. A quel punto, vengono prese in considerazione alcune città (e il mercato di queste ultime), come successo in tempi recenti: ad ora, sul taccuino della National Basketball Association sono rimaste Seattle e Las Vegas, data l’ormai probabile esclusione di Mexico City.

Seattle è una città che ha già avuto la possibilità e l’onore di poter assistere dal vivo a partite Nba. I Seattle Supersonics sono stati protagonisti in Nba dal 1967 al 2008, anno in cui la franchigia è stata spostata ad Oklahoma City, con conseguente cambio di denominazione (da Supersonics a Thunder). A Seattle sono passati diversi campioni, anche recenti, come Shawn Kemp, Gary Payton, Ray Allen e Kevin Durant, con i Supersonics che hanno anche vinto un titolo nel lontano 1979 (Mvp Dennis Johnson).

Las Vegas invece vive di pallacanestro. Dal 2004 la Summer League ha base a Sin City, così come i diversi raduni di Team Usa, senza dimenticare che le semifinali e la finale della neonata Emirates Nba Cup, iniziata martedì 12 novembre, si disputeranno sempre nella città del Nevada. Sembrerebbe però che per accaparrarsi questa nuova franchigia (e anche la nuova arena) servano ben 7 miliardi di dollari, anche perché Las Vegas sta diventando non solo la capitale del turismo, ma anche dello sport.