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L’arrivo dell’italiano, vincente ma sfinito, alla maratona olimpica di Londra. La contestata squalifica che regalò onori e celebrità all’emiliano: successe tutto 112 anni fa

Il 1908 è l’anno delle Olimpiadi di Londra, evento per il quale Dorando Pietri si è preparato per molti mesi. Il 7 luglio l’atleta di Correggio tenta il primato dei 40 chilometri a Carpi concludendo la sua prova in in 2 ore e 38 minuti, prestazione mai ottenuta prima in Italia, guadagnandosi il posto nella squadra italiana di atletica. La maratona olimpica si sarebbe corsa solo pochi giorni dopo, il 24 luglio. In questa occasione, per la prima volta, il percorso sarebbe stato di 42,195 chilometri (distanza che verrà riconosciuta ufficiale a partire dal 1921): la corsa doveva originariamente partire dal Castello di Windsor e finire allo Stadio Olimpico, con un percorso di 26 miglia esatte (pari a circa 41.843 metri) a cui gli organizzatori aggiunsero 385 yarde (ossia circa 352 metri), in modo da porre la linea di arrivo davanti al palco reale. Alla partenza, in una giornata insolitamente calda per il clima inglese, vi sono 56 atleti; tra questi vi sono due italiani, Umberto Blasi e Dorando Pietri, quest’ultimo con il numero 19 sul petto, maglietta bianca e calzoncini rossi. Alle 14.33 la principessa del Galles dà il via. Un terzetto di inglesi si porta subito al comando della corsa, imponendo un’andatura elevata. Pietri si mantiene nelle retrovie, con l’intenzione di conservare le energie per la seconda parte di gara. Verso la metà della corsa inizia la sua progressione che gli permette di rimontare via via numerose posizioni. Al 32° chilometro è secondo, a quattro minuti di distanza dal leader della corsa, il sudafricano Charles Hefferon. Quest’ultimo entra in crisi e Pietri aumenta ulteriormente il ritmo per recuperare il distacco. Al 39° chilometro raggiunge e supera Hefferon. Mancano ormai un paio di chilometri all’arrivo, quando Pietri si trova a fare i conti con la disidratazione dovuta al caldo e con l’enorme dispendio di energia consumato durante la rimonta. La stanchezza gli fa perdere lucidità e quando arriva all’ingresso dello stadio sbaglia strada. I giudici lo fanno tornare indietro, ma Dorando Pietri cade esanime. Per rialzarsi è necessario l’aiuto dei giudici. Pietri, ormai stremato, fatica a reggersi in piedi per terminare gli ultimi passi. Sono solo 200 i metri che lo dividono dal traguardo. Gli oltre 75.000 spettatori dello stadio vivono questo momento drammatico con il fiato sospeso, in grande trepidazione per l’italiano. Sulla pista attorno a Pietri ci sono i giudici di gara e alcuni medici rapidamente accorsi per soccorrerlo. L’ atleta italiano cade altre quattro volte, e ad ogni caduta riceve un aiuto a rialzarsi. Continua ad avanzare barcollando verso l’arrivo: finalmente taglia il traguardo, totalmente esausto, sorretto da un giudice e da un medico (il tempo finale registrato sarà di 2h54’46”4 su, dei quali quasi dieci minuti occorsi per percorrere gli ultimi 500 metri). Oltre il traguardo Pietri, svenuto, viene portato fuori dalla pista con l’aiuto di una barella. La squadra americana presenta immediatamente un reclamo per l’aiuto ricevuto da Pietri. Il reclamo viene accolto: Pietri è squalificato e cancellato dall’ordine di arrivo della gara. La medaglia d’oro viene assegnata allo statunitense Johnny Hayes. Il dramma di Dorando Pietri avrebbe commosso tutti gli spettatori dello stadio: quasi a compensarlo della mancata medaglia olimpica, la regina Alessandra lo premierà con una coppa d’argento dorato. A proporre l’assegnazione del riconoscimento sarebbe stato lo scrittore Arthur Conan Doyle che era presente a bordo campo per redigere la cronaca della gara per il Daily Mail. Il resoconto del giornalista-scrittore terminerà con le parole: «La grande impresa dell’italiano non potrà mai essere cancellata dagli archivi dello sport, qualunque possa essere la decisione dei giudici». Successivamente Conan Doyle suggerirà al Daily Mail di conferire un premio in danaro a Pietri, sotto forma di sottoscrizione per permettergli l’apertura di una panetteria una volta rientrato in Italia. La proposta otterrà successo e arrriverà a raccogliere trecento sterline (lo stesso Doyle avviò la raccolta donando cinque sterline). Il racconto della sfortunata impresa di Pietri avrebbe immediatamente fatto il giro del mondo, consegnando alla storia dello sport questo episodio unico e drammatico. Dorando Pietri diviene una celebrità, in Italia e all’estero, famoso per non avere vinto. Le sue gesta colpiscono la fantasia del compositore Irving Berlin, che gli dedica una canzone intitolata “Dorando”. La mancata vittoria olimpica sarebbe divenuta la chiave del successo dell’italiano: Pietri riceve presto un lauto ingaggio per una serie di gare-esibizione negli Stati Uniti.

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