Vai al contenuto

Sembrava finita. Sembravano aver chiuso la storia ancor prima di scendere in campo, di dare voce e destino al gioco. La Reggina, nell’estate più calda della Serie A, aveva il suo posto al sole, ma quello di metà agosto e senza protezione. Si stava per bruciare, complice un’indagine sul presidente Foti rientrata nel grande caos che fu Calciopoli.

Non le andò male come alla Juventus (retrocessione in B e 30 punti di penalizzazione), non fu però fortunata. 15 lunghezze in meno già ai nastri di partenza: sembrava un’impresa impossibile, e forse lo era davvero.

La squadra di Mazzarri

Fortuna dei calabresi: avevano un allenatore tenace, forte, che non aveva bisogno di rassicurazioni. Soprattutto, che non abbandonò la nave in tempesta.

Walter Mazzarri stava per emergere al grande pubblico, ma aveva già l’esperienza delle grandi imprese. Nelle due precedenti stagioni, il toscano si era sempre aggrappato alla sua arte d’arrangiarsi. Sapeva bene quali fossero le disponibilità economiche di Foti e della piazza: come uno scultore, modellava quanto a disposizione. A ripensarci, non era affatto una squadra da buttare, quella Reggina così forte e così aggressiva.

Da Cozza a Biondini, di qualità e quantità ce n’erano. Peccato che i due decisero per la cessione: come Ciccio andò via il portiere Pavarini, lo stesso fece De Rosa. Di risposta, sul mercato si presentarono due dei futuri pilastri di quella squadra: il centrale difensivo Aronica e il trequartista Leon, direttamente dall’Honduras. Ovviamente, si andava di 3-5-2 e contropiede puro. Riuscirono a rimpiazzare Pavarini con Pellizzoli; tennero Lucarelli che andò ad allungare il trio con Lanzaro e Aronica. In mezzo, Amerini era ciò serviva a Mazzarri: se ne va in regia, con due armi potentissime come Missiroli e Tedesco.

Davanti? Questa, la parte più interessante: con il ‘grande vecchio’ Nicola Amoruso, c’è un giovane in assoluta rampa di lancio. Si tratta di Rolando Bianchi: pochi mesi prima, aveva appena totalizzato 9 presenze; una stagione dopo, sarà sul taccuino dei principali club d’Europa. Ma andiamo per gradi.

La missione impossibile

Non ce n’è uno che ci creda. Le chance sarebbero state ridotte anche in una situazione normale, ma con 15 punti per raggiungere quota zero diventava di fatto una missione impossibile. C’è un attimo, in estate, in cui però le nubi sembrano pian piano sparire, lasciando spazio a minimi raggi di sole: nell’amichevole del 3 agosto a Graz, gli amaranto affrontano il Real Madrid dei Galacticos. Risultato finale? Solo 1-0 per i blancos, e non fu un caso: per tanti, quella gara – seppur senza punti in palio – valse quanto una spinta emotiva incredibile.

Archiviato il Mondiale, archiviato il primo grado di giudizio per Calciopoli, la Reggina parte da quell’entusiasmo. Terza giornata c’è il derby con il Messina: doppio Riganò, non c’è storia. In tre settimane, da segnalare la vittoria casalinga con la Roma: la zampata vincente è quella di Nick Amoruso. Vale lo zero, molto prima di quanto ci si aspettasse; il 2-2 con il Livorno, pure il +1. Una volta annullata la penalizzazione, arriva pure un assist del destino: i punti penalità passano da 15 a 11. Fondamentale.

L’ossigeno inizia a fluire, a scorrere forte. Dà fiducia. A metà stagione, la Reggina è a 12 punti, 23 sul campo. L’Ascoli ormai si avviava verso una certa retrocessione, e lì a portata di punti c’era il Parma. Il Messina a più quattro, e al diciassettesimo posto: il primo spot verso la salvezza. Insomma, toccava tener duro. E continuare a sognare.

L’impresa

Dal mercato di gennaio arriva Pasquale Foggia: trequartista napoletano, che alla Lazio aveva mostrato colpi di livello totale. Foggia si aggrega e fa la differenza anche a Reggio Calabria, dove il catenaccio e contropiede di Mazzarri non sarà meraviglioso, ma solo lui sa quanto sia efficace.

Alla 22esima giornata, lo scontro diretto col Messina: stavolta si gioca al Granillo, ed è 3-1 per gli amaranto. Per la prima volta, la squadra calabrese è fuori dalla zona retrocessione. Sembrava così lontano, era concretissima realtà. Incredibile e meravigliosa realtà.

Qualcuno potrebbe accontentarsi: non poteva farlo la formazione capitanata da Lucarelli, con ancora tutto da guadagnare e sudare. Amoruso e Bianchi continuano a macinare gol, risultati, grandi firme. A quattro partite dalla fine, 3-2 sul campo dell’Ascoli – decisivo – con gol finale di Foggia che prova a spalancare le porte della festa nella parte settentrionale dello stretto. Chiudono, infine, tre pari di fila. E il calendario che disegna l’ultima gara contro il Milan, reduce dalla vittoria di Atene, la settima Champions League.

Sarà un pari estremamente decisivo. La Reggina, a 90′ dalla chiusura del campionato, non era certa di rimanere in Serie A. Anzi: con il Siena, era terzultima a pari merito a 37 punti, Catania a 38 punti, Chievo e Parma a 39 punti. Novanta minuti più recupero per segnare un destino, e in questo caso un’impresa. C’era solo un risultato, e cioè la vittoria. Come si può battere la squadra più forte d’Europa? Con gol di Nick Amoruso e raddoppio di Amerini. Il Chievo perde contro il Catania e la Reggina festeggia un miracolo sportivo.