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Il 1° maggio del 1988 va in scena quella che possiamo definire, senza troppe esagerazioni, la partita più bella nella storia del nostro calcio. Non tanto per il risultato finale – perché la partita più bella è quella armonica, senza vincitori né vinti, quella del pareggio – ma per ragioni epocali:

  • A) qui nasce propriamente il Milan di Sacchi – meglio, qui sboccia del tutto, perché il frutto è frutto della semina –;
  • B) qui si scontrano le due squadre più affascinanti (almeno) degli ultimi 50 anni del nostro calcio: il Napoli di Maradona e il Milan di Sacchi, il Milan degli olandesi;
  • C) piccolo spunto aneddotico: F., caro amico di chi scrive queste righe, ha avuto la fortuna di vedere dal vivo questa partita e, pur avendo visto anche il Barcellona di Guardiola e il Napoli di Maradona, lui, F., tifosissimo del Napoli, non è mai stato in grado di nascondermi la terribile “evidenza” di quella sconfitta: una squadra così forte, come quel Milan, non s’è mai (più) vista in Serie A.

13ª giornata di ritorno, dunque. Siamo all’affondo finale. Campionato a 16 squadre – guarda un po’: stranamente il più bello di sempre.

Il Napoli è attaccato al Milan e il suo condottiero, Diego Armando Maradona, è il miglior marcatore della Serie A – chiuderà con 15 reti, tanto per dare la misura di che razza di calcio fosse. Il Napoli ha un attacco stellare ma una difesa più ballerina.

L’attacco del Milan è sontuoso, ma la sua forza – decisiva in sede di decreto titolo – sta proprio nella compattezza difensiva, il che significa si badi bene non compattezza della difesa tout court ma compattezza di squadra in fase difensiva.

Due mondi opposti

Buitoni contro Mediolanum Assicurazioni; già gli sponsor parlano di una sfida tra due mondi, cosa dico? Due pianeti, letteralmente opposti l’uno all’altro.

La N del ciuccio contro la M del diavolo. Due entità così differenti, l’una forte nella sua passività originaria – la Napoli dei vicoli che ti uccide di bellezza e di grazia – l’altra solida nella sua attività primigenia – la Milano nebbiosa ma fatale, tanto diretta all’obiettivo che l’obiettivo quasi sembra farglisi incontro. Bianchi contro Sacchi, Ferlaino, soprattutto, contro Berlusconi.

Essenzialmente Maradona e Careca contro i due olandesi Van Basten e Gullit (Rijkaard arriverà l’anno dopo). Soprattutto il cigno di Utrecht, che parte dalla panchina ancora alle prese con lo smaltimento di un grave infortunio, è chiamato a fare la differenza, dopo il rientro in campo della giornata precedente contro l’Empoli, in cui ha deliziato San Siro con una pennellata sontuosa da fuori area che ha mosso il cuore dei milanisti oltre che le iconiche reti nere di San Siro in quella stagione.

«Che cosa senti nel cuore?», chiede Galeazzi quasi commosso al centro del campo, nei battiti che precedono le pulsazioni nervose dei 90’, ad un iconico Diego Armando Maradona: «Una gioia immensa, per questa finale del mondo, securamente».

Con la consueta ingenuità, quella dei geni del calcio e degli estatici, dei mistici delle grandi religioni sudamericane, Diego Armando Maradona descrive come meglio non si potrebbe la partita che meglio di ogni altra rappresenta il nostro calcio al suo culmine, al suo massimo splendore.

Lo scudetto in 90 minuti

Il Napoli, acciaccato a centrocampo, rinuncia a Giordano almeno dall’inizio, facendo spazio invece a Bruscolotti cuore d’oro.

Il Milan è quello di sempre; Donadoni, Ancelotti, Baresi e Maldini, coadiuvati da uno scintillante Virdis più i due assi olandesi: tutti inseguono il sogno che ora è ad un passo, tornare campioni d’Italia dopo 9 anni. L’egemonia dei Partenopei dura da 50 partite.

Maradona dà subito un assaggio della sua sterminata personalità impegnando Galli. Ancora Maradona-Careca, fuoriclasse assoluti, a scambiarsi in solitaria il pallone, a partire come razzi sulla luna, ma siamo nel cerchio di centrocampo e, come se non bastassero le praterie verdi da percorrere alle spalle della difesa rossonera, c’è pure il guardiano Baresi a fermare le iniziative partenopee.

Baresi guida, Gullit trafigge, Virdis tira il pollice in giù: è lui il mattatore di giornata. La prima rete, al 36’, accade sugli sviluppi dell’ennesima punizione per i rossoneri. 1-0 Milan e fischiacci del San Paolo.

Poi, al 44’, il genio. Punizione per il Napoli dal limite dell’area. Se ne incarica ovviamente Maradona. Siamo ad una distanza non troppo vicina per tentare la battuta a giro ma neanche troppo lontana per cercare la potenza.

Ci vuole una via di mezzo – a dire il vero ci vuole un miracolo. Maradona compie due passi e calcia di mancino, a girare, sopra la barriera del povero Galli che, nel tentativo di togliere il pallone da sotto l’incrocio di pali si impiglia nella rete da lui difesa, con il goffo esito di trovarvisi catturato.

Come catturati sono gli occhi del pubblico e dei 21 in campo, ivi compreso Galli. Gol divino di Maradona, 1-1.

Gullit spacca la partita (e Napoli)

Ma la ripresa inizia malissimo per il Napoli.

Una clamorosa giocata di onnipotenza fisica di Gullit, che prima sposta il proprio avversario, facendolo sembrare più piccolo ancora di quanto già non sia in questo confronto impari; poi la mette in mezzo col destro, un traversone forte, teso, precisissimo, per l’accorrente Virdis che incorna di testa e va ad abbracciare cervo che esce di foresta: 2-1 Milan.

Esce di foresta, ci rientra giusto il tempo di mettere il pallone al centro del campo, e vi riesce nuovamente, con ancora più foga. Non ci è possibile descrivere senza sembrare ridicoli il gol del 3-1, l’accelerazione di Gullit non è umana, probabilmente neanche animale, forse aliena. Palla “alla napoletana” al centro per Van Basten che non sbaglia, dopo uno slalom e una corsa degni del Gullit più forte di sempre.

In pratica il secondo tempo lo decide Gullit, che semplicemente gioca uno sport diverso dagli altri 21 in campo. Basta vedere le immagini della partita per rendersi conto che sembra un adulto che gioca coi bambini al parco.

Quindi alla luce di questo Gullit partita chiusa? No, perché il Napoli ha risorse tecniche in abbondanza e sul cross di Romano, Careca stacca di testa e riesce ad infilare Galli per il gol del 3-2. Che però servirà a poco. Nel concitato finale il Milan resiste e al fischio di Rosario Lo Bello tutto il San Paolo applaude la prestazione dei rossoneri, che non sarà un episodio isolato ma il primo vagito di una squadra irripetibile.

Il Milan di Sacchi infatti, nasce ufficialmente quel giorno, vincerà lo Scudetto, togliendo l’incantesimo e iniziando un periodo d’oro per il club rossonero.

Il Napoli di Maradona da quella sconfitta verrà invece travolto dalle polemiche. In città i tifosi parlano apertamente di scudetto “venduto”, anche lo spogliatoio si spacca e a farne le spese nel mercato estivo saranno gli epurati Bagni, Giordano e Garella, eroi del primo scudetto.

Nascerà comunque un Napoli forte, capace di rivaleggiare contro l’Inter dei tedeschi l’anno successivo e di portare a casa ancora una Coppa Uefa nell’89’, e uno scudetto nel 1990 all’alba delle notti magiche.