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Ronaldo ha appena 22 anni ma già viene considerato il leader – se non spirituale quantomeno tecnico – in grado di guidare il Brasile, la Selecao, alla vittoria di Francia 98. Fino alla finale, il Fenomeno rispetta le attese. Ma qualcosa, sul più bello, non va. I compagni lo vedono poco sorridente, affaticato. Il Mondiale è una competizione difficilissima per tutti, sia chiaro. Si gioca ogni due/tre giorni, lo stress fisico è aggravato da quello psicologico, tutto il mondo – letteralmente – fiata sul collo dei protagonisti.

Ma il peso che schiaccia Ronaldo non è umano. Perché la pressione, nel calcio, fa parte del gioco. L’ansia di fallire è il discrimine tra chi è un campione e chi è un buon giocatore, e il Fenomeno gareggia con i primi.

Ronaldo macchina da marketing

Se sei un campione, quell’ansia la trasformi in entusiasmo, in sfida costante, in obiettivo – vedere i propri mostri aiuta a superarli. E Ronaldo, in parte, riesce anche a farlo. Ma è in costante tensione, sempre ad un passo dall’esaurimento (non solo nervoso, purtroppo). Il peso che ha Ronaldo è sovrumano per un semplice motivo: perché non è calcistico, ma economico, sociale, persino politico. Ronaldo non è semplicemente il più forte in circolazione. È un’impresa, è una quota in borsa, è una macchina da soldi; e soldi significa interessi, sponsor, clausole più o meno lecite.

Come quella (vociferata ancora oggi) della Nike, lo storico marchio americano, che probabilmente non avrebbe tollerato l’assenza del Fenomeno dai 22 della finale del 12 luglio 1998. Perché, però, Ronaldo non avrebbe dovuto giocare?

Il ginocchio sinistro fa male. La tendinopatia bilaterale lo tormenta. Ronaldo ci combatte da un po’, ci combatterà sempre. Finirà per rovinarle entrambe, le ginocchia, e non solo quelle. In quell’edizione del Mondiale, le infiltrazioni del medico della nazionale sono costanti, continue. Il Fenomeno sta male, quasi non si regge in piedi alla vigilia del big match, ma deve giocare. Eppure l’allenatore, Zagallo, quando consegna alla stampa la lista dell’11 titolare, non inserisce Ronaldo. Il suo nome non figura neanche in panchina. Dov’è finito il Fenomeno? Edmundo è pronto, O Animal già si scalda. Ma alla fine Ronaldo gioca. Dov’era? Perché non compariva nella lista di Zagallo?

Il mistero a poche ore dalla finale

Questo ci riporta a poche ore prima. Sono più o meno le 14 quando Roberto Carlos esce dalla propria stanza, che condivide proprio col Fenomeno, invocando aiuto a gran voce. Ronaldo ha delle strane convulsioni, la lingua gli si è rigirata e gli occhi fissano il vuoto. Della schiuma esce dalla bocca del 9 brasiliano. La sua vita è appesa ad un filo. I medici si svegliano in fretta e in furia sedando quello che ha tutto l’aspetto di essere un attacco epilettico – poi smentito dalla Procura Parlamentare. Ronaldo viene sedato, ma quella probabilmente non è l’unica siringa ad aver bucato la sua pelle quel pomeriggio. Le ipotesi sono tante, dall’infiltrazione al ginocchio andata male al semplice attacco di stress, diciamo anche malore. Quest’ultima è ad oggi l’ipotesi ufficiale, ma sulla vicenda aleggia ancora un mistero enorme.

«Dalla finestra vedevo tanta gente nella camera di Ronaldo», racconterà più tardi Paul Chevalier, il direttore dell’Hotel, «ho sentito gridare più volte la parola: morto, morto, morto. C’è stato un parapiglia pazzesco: Ronaldo aveva avuto un malore».

Zagallo in tutto ciò dormiva. Ma la gravità non sta tanto nel riposo dell’anziano allenatore, quanto nel fatto che nessuno dello staff, né dei giocatori, lo va a svegliare. Lo stesso Zagallo affermerà: «Il dottore, Lidio Toledo, mi racconta tutto, mi dice che il ragazzo si è sentito male, mi dice che difficilmente sarà disponibile per la finale. Un momento assurdo. Guardo Toledo e gli chiedo perché non mi abbiano avvisato prima. Pensavamo che stessi riposando, è stata la risposta».

La testimonianza di Ronaldo è ancora più spaventosa del racconto appena fatto: «Ho temuto di morire. Per trenta secondi sono stato malissimo, ho avuto le convulsioni. La lingua si è rovesciata, è arrivata fino in gola, mi mancava il respiro, avevo la bava alla bocca: così mi hanno raccontato i compagni. Ero sul letto, stavo parlando con Roberto Carlos. Poi lui si è girato e ha cercato di dormire. All’improvviso non ho capito più niente. Sudavo, non riuscivo a controllare i miei movimenti. Roberto Carlos ha sentito i miei lamenti e si è precipitato dal dottore. L’attacco è durato trenta secondi, al massimo quaranta. Non è stata, comunque, una crisi epilettica».

Alle 20 di quel 12 luglio, comunque, allo Stade de France le copie delle formazioni distribuite in tribuna stampa lasciano tutti di stucco. Nessuno sa quello che è successo poche ore prima. Nemmeno Ronaldo, che viene portato in ospedale e che, dopo aver effettuato alcuni esami strumentali, chiede a Zagallo di giocare: «Mi assumo ogni responsabilità. Sono sceso in campo perché mi sentivo bene: sono stato io a dire a Zagallo che sarebbe stato ingiusto tenermi fuori. Lui mi ha ascoltato, non mi ha negato questa possibilità. In ospedale mi hanno sottoposto a una serie di esami. Mi hanno fatto una Tac, un elettrocardiogramma, un elettroencefalogramma. Tutte le analisi hanno dato esito negativo».

Un fantasma in campo

Il quotidiano brasiliano “O Globo”, riportando le dichiarazioni di un’anonima fonte all’interno della commissione medica della Selecao, parla di una reazione a un’iniezione somministrata al giocatore a poche ore da Francia – Brasile. Le voci, come era possibile immaginare, si susseguono nervosamente, arrivando chiaramente alle orecchie del Fenomeno, che più che giocare quella finale, come i suoi compagni di squadra d’altronde, ancora sotto shock, vi compare per scrupolo, per orgoglio e amore nazionale. L’esito di quella partita la dice lunga: 3-0 per la Francia con doppietta di Zidane e gol di Petit quasi a tempo scaduto. Una partita che non si doveva giocare si è giocata. Il perché è ignoto ma ipotizzabile: l’interesse economico intorno a Ronaldo era troppo ghiotto per vietare al Fenomeno di scendere in campo – salvaguardandone la salute, specie dopo i tristi e paurosi segnali di quel pomeriggio.

Il dottor Bernard Roger, responsabile del servizio radiografia, doppler ed ecografia all’ospedale Les Lilas, aveva esaminato in prima persona la salute del Fenomeno, dichiarando alla stampa: «Escludo l’epilessia, escludo l’avvelenamento da cibi o da medicine. Ronaldo ha avuto soltanto un breve malessere dovuto all’enorme stress: in termini clinici una contrazione del nervo vagale». Semplice stress, dunque. È l’ipotesi più plausibile, ma anche la più facile da formulare. Sicuramente la più conveniente. Non sappiamo se la verità verrà mai a galla, ma intanto rimane il fatto: triste, come il Fenomeno che il mondo ha trattato senza umanità.