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Con Euro 96 si entra nell‘era moderna dei campionati europei di calcio. La UEFA si convince definitivamente della grande popolarità del torneo, facendolo diventare un vero appuntamento fisso da contrapporre ai mondiali di calcio, sia come prestigio che come formula.

Infatti, a partire da questa edizione, le partecipanti raddoppiano, passando da 8 a 16 e garantendo quindi la partecipazione di tutte le big del calcio europeo.

Le qualificazioni ad Euro 96

Con l’allargamento delle partecipanti a 16 squadre tutte le big possono staccare il biglietto per la kermesse inglese senza particolari problemi o sorprese.

Qualche defezione di formazioni storiche del calcio europeo si registra comunque: il Belgio ad esempio rimane fuori non riuscendo a centrare la qualificazione in un girone insidioso contro Spagna e Danimarca, al netto di una preoccupante fase di involuzione tecnica che ha colpito la nazionale dei diavoli rossi.

Stessa sorte capita alla Polonia, per cui il girone contro Romania e Francia è troppo rispetto alle possibilità della nazionale biancorossa nella metà degli anni ’90, e crea scalpore l’eliminazione della Svezia, semifinalista di europei e mondiali nel ’92 e ’94, che deve soccombere all’inaspettata Turchia.

Lo stravolgimento politico che ha investito l’Europa all’inizio del decennio ha portato poi alla nascita di nuove nazionali, che riescono nell’impresa di ritagliarsi uno spazio da protagoniste: è il caso della Croazia, che vince il girone dell’Italia sopravanzando gli azzurri di Sacchi freschi vice campioni del mondo.

Sorprende tutti anche la giovane Repubblica Ceca, che sovverte i pronostici e vince in maniera convincente un girone difficile, con Olanda e Norvegia favorite della vigilia. A farne le spese saranno i norvegesi, eliminati, ed anche gli orange dovranno faticare più del previsto riuscendo a staccare il pass per l’Inghilterra solo dopo lo spareggio in gara secca contro l’Irlanda, vinto per 2-0 grazie alla doppietta del nuovo astro nascente Kluivert.

La fase a gironi di Euro 96

La nuova formula dei campionati europei prevede 4 gironi da 4 squadre, con le prime 2 qualificate alla fase successiva che prevede quarti e semifinali prima della finalissima di Wembley.

Gruppo A

  • Inghilterra
  • Olanda
  • Scozia
  • Svizzera

Il girone A è quello dei padroni di casa inglesi. Lo slogan della manifestazione dice molto di come sia attesa questa competizione sul suolo britannico: “Football comes home” si legge su ogni angolo di strada. E del resto l’ultima volta che nella terra d’albione si disputò un grande torneo internazionale (30 anni prima con il mondiale del 1966) i leoni portarono a casa la vittoria finale.

L’Olanda è l’altra favorita per il passaggio del turno, nonostante la fatica della fase di qualificazione. La nazionale orange è però carica di talento, quello stesso talento che ha permesso all’Ajax di Van Gaal di partecipare a due finali di Champions consecutive: ragazzi come Seedorf, Kluivert, Davids guidati in campo da un già esperto Bergkamp destinato a diventare idolo da quelle parti con la maglia dell’Arsenal.

Il girone è completato da Scozia e Svizzera, che oppongono fiera resistenza nella prima giornata strappando un pareggio alle due favorite, ma soccombono nella seconda con il medesimo punteggio (0-2). In questa seconda giornata si palesa il potenziale della squadra inglese, che vince il derby britannico sfoggiando uno scintillante Paul Gasciogne, autore di una rete gioiello contro gli scozzesi con un tiro al volo dopo un metafisico sombrero ai danni del proprio marcatore. Assieme a “Gazza” l’Inghilterra può anche schierare una coppia d’attacco come da queste parti non se ne vedevano da tempo con Sheringham in appoggio allo spietato Alan Shearer, cannoniere implacabile.

Il primo posto del girone si decide quindi all’ultima giornata e gli inglesi schiantano l’Olanda per 4-1, con una doppietta a testa per il duo d’attacco e il gol della bandiera orange firmato Kluivert nel finale. Quindi Inghilterra prima, Olanda seconda.

Girone B

  • Francia
  • Spagna
  • Bulgaria
  • Romania

Il girone B è considerato alla vigilia il girone della morte. Questo perché appare sulla carta molto equilibrato in quanto annovera 4 delle possibili outsider del torneo.

Francia e Spagna non sono nella propria epoca d’oro.

I francesi sono impegnati nella ricostruzione, dopo aver mancato per due edizioni consecutive l’approdo ai mondiali. Due anni più tardi, nel ’98 sarà proprio la nazione transalpina ad ospitare il campionato del mondo e i galletti vedono Euro 96 come una tappa di crescita per la generazione dei vari Zidane, Djorkaeff e Blanc.

La Spagna è una squadra invece interlocutoria, senza nessun protagonista di prima grandezza e con qualche polemica per la mancata convocazione di Raul, stellina del Real Madrid grande rivelazione della stagione appena passata.

Sulla carta la favorita del girone sembra la Bulgaria, grande sorpresa di USA 94 e con un Hristo Stoičkov che in quel momento è considerato il miglior giocatore d’Europa. Assieme ai bulgari è presenta un’altra sorpresa del mondiale americano come la Romania di Hagi.

Sulla carta ci sono tutti gli ingredienti di un girone all’ultimo sangue, ma le due formazioni dell’est deluderanno. La Romania ritorna in patria con 3 sconfitte in altrettante gare, mentre la Bulgaria si scioglierà nella gara decisiva contro i francesi, perdendo per 3-1 e venendo anche superata da una Spagna non travolgente. Quindi Francia prima nel girone e iberici qualificati ai quarti come secondi.

Girone C

  • Germania
  • Repubblica Ceca
  • Italia
  • Russia

È il girone dove l’Italia parte con tutti i favori del pronostico. La squadra di Sacchi sembra anche più forte e completa di quella che ha raggiunto la piazza d’onore ai mondiali americani di due anni prima. È vero, manca Roberto Baggio alle prese con due stagioni difficili, ma la qualità abbonda nella formazione azzurra.

La difesa è considerata la più forte del torneo, con un Maldini all’apice della propria carriera e un Nesta in rampa di lancio. Davanti nonostante l’assenza del “divin codino” c’è Zola a fare da stella della squadra, e con lui una pattuglia di attaccanti di livello assoluto come Ravanelli, Casiraghi, Chiesa e la grande speranza del calcio azzurro Alex Del Piero, che con i suoi tiri a giro a messo a ferro e fuoco la Champions League 95/96 portando la Juve al trionfo finale.

Viene considerata una nazionale piena di talento la nostra, ma tutta questa qualità maschera un po’ di carenze a livello di personalità probabilmente. Sacchi vuole dei soldati e quindi gente come Vialli e Mancini, ad esempio, che pure sono reduci da stagioni stellari, sono considerati delle personalità non in linea con il progetto del mister di Fusignano.

La Germania è invece reduce dalla delusione di USA 94 che l’ha vista mancare una finale finale mondiale da tempo immemore (non accadeva da Argentina ’78). Quella tedesca sembra una squadra alle prese con un ricambio generazionale, con i vecchi a fine corsa e i giovani non ancora abbastanza maturi.

Nel mezzo delle due grandi favorite si fa luce la Repubblica Ceca, nazionale giovane frutto della scissione cecoslovacca. La quadra ceca è abbastanza misteriosa all’inizio della competizione, e viene considerata una cenerentola: a poco serve il fresco precedente della Danimarca ad Euro 92, ed infatti a fare le spese di questa sottovalutazione dell’avversario è proprio l’Italia, che dopo un esordio vincente contro una scialba Russia, stravolge tutta la formazione per la gara contro la Repubblica Ceca. Finisce con la clamorosa vittoria dei cechi, ed in questa partita il calcio italiano fa la conoscenza di un certo Pavel Nedved, che dopo questa gara verrà acquistato dall’ambiziosa Lazio di Cragnotti.

L’ultima giornata per gli azzurri è decisiva: contro una Germania già qualificata si deve vincere per passare il turno, o al massimo pareggiare sperando che i cechi perdano la loro gara contro la Russia. L’Italia parte forte e Zola ha subito la possibilità di incanalare nel verso giusto la partita, ma si fa ipnotizzare da Koepke nel tiro dal dischetto. A nulla valgono gli assalti continui durante i 90′ e finisce mestamente 0-0. La Repubblica Ceca trova poi un’insperato pareggio pareggio per 3-3 contro i russi, in una gara a di poco rocambolesca e per gli azzurri è delusione cocente ed eliminazione al primo turno. Prima la Germania, seconda la grande sorpresa Repubblica Ceca.

Girone D

  • Portogallo
  • Croazia
  • Danimarca
  • Turchia

Il raggruppamento D è considerato il meno nobile alla vigilia, nonostante la partecipazione dei campioni in carica danesi. Non è però la stessa Danimarca di quattro anni prima e ne beneficia il Portogallo che conclude imbattuto il girone.

I lusitani sono incentrati sull’ossatura della nazionale giovanile che ha vinto tutto, con gente di classe come Rui Costa e Figo, e la solidità di Couto dietro. È una nazionale bella da vedere ma sempre penalizzata da un’endemica mancanza di un finalizzatore.

La punta non manca invece alla Croazia, nazionale con un talento smisurato e che sorprende nella fase a gironi. Del resto una squadra che può annoverare Boban, Prosinecki, Boksic e Suker non ha certo difficoltà a trovare la rete avversaria.

La povera Turchia svolge solo il ruolo di spettatore non pagante e non basta la presenza di Hakan Sukur per trovare il gol nella prima partecipazione al campionato europeo.

Finisce con il Portogallo primo e la Croazia seconda, per due nazionali che si candidano a mine vaganti nella fase ad eliminazione diretta.

Quarti e semifinali di Euro 96

Il programma della fase ad eliminazione diretta si apre con Inghilterra-Spagna, dove i padroni di casa faticano più del previsto, bloccati sullo 0-0 per 120 minuti. Solo ai rigori i leoni di sua maestà avranno la meglio, spezzando apparentemente la maledizione dei tiri dal dischetto patita ad Italia ’90.

Partita fotocopia qualche ora dopo tra Olanda e Francia, con la contesa che non si schioda dallo 0-0 e la necessità dei tiri dal dischetto per decretare la semifinalista. Vincono i galletti grazie all’errore del giovane Seedorf.

Il giorno successivo è il turno della Germania opposta alla Croazia: la nazionale a scacchi spaventa non poco i tedeschi, che trovano il vantaggio con Klinsmann nel primo tempo ma vengono raggiunti da Suker. Ci penserà Sammer a rimettere le cose in ordine, ma la Croazia esce a testa alta dalla sua prima manifestazione internazionale di livello.

La vera sorpresa arriva nell’ultimo quarto di finale dove Karel Poborski permette alla Repubblica Ceca di raggiungere la Francia in semifinale sconfiggendo un Portogallo che sconta una cronica sterilità offensiva.

Nella semifinale contro i francesi le sorprese continuano e si parla apertamente di nuova favola come quella della Danimarca di quattro anni prima. La Repubblica Ceca resiste agli assalti Djorkaeff e compagni, e si arriva così ai rigori: fatale per i transalpini l’errore di Pedros, che manda incredibilmente i cechi in finale.

L’altra semifinale è la gara più attesa di tutto il torneo. La partita tra Germania e Inghilterra a Wembley è la riedizione della finale mondiale del 1966 e rappresenta l’autentica finale tecnica della competizione.

Dopo appena 3 minuti di gioco Shearer sbuca dal nulla su azione d’angolo e tocca in rete di testa la palla dell’1-0. I tedeschi si riorganizzano e pervengono al pareggio con Kuntz dopo appena un quarto d’ora. Poi la gara si muove sui binari di un equilibrio assoluto. Ai supplementari le squadre sono bloccate, anche perché la nuova regola che prevede il golden gol nell’over-time, suggerisce una prudenza accentuata.

Si arriva quindi ai rigori, come nella semifinale mondiale di Italia 90. Quella volta a Torino fu un errore di Pearce a condannare l’Inghilterra, mentre questa volta sarà sempre un difensore, Southgate, a far piangere i tifosi inglesi.

Per dirla con Gary Lineker, leggendario attaccante dell’Inghilterra del 1990 “Il calcio è uno sport in cui si gioca 11 contro 11, dove alla fine vincono i tedeschi”.

Delusione enorme e Germania di nuovo in finale per la seconda volta consecutiva nell’europeo.

La finale Di Euro 96: Davide contro Golia, decisa dal golden gol

La sensazione di dejà vù alla vigilia della finale di Euro 96 è fortissima. Proprio come quattro anni prima ci troviamo la Germania grande favorita di fronte alla sorpresa del torneo, che raccoglie le simpatie e il tifo di mezza Europa, questa volta rappresentata dalla Repubblica Ceca.

Al cospetto della Regina, il 30 giugno 1996 si assegna il titolo europeo e nella gara c’è anche un pizzico d’Italia con l’arbitro Pairetto a fischiare l’inizio delle ostilità. E subito si capisce che l’idea di una grande favola come quella di Euro 92 non è così distante.

La Repubblica Ceca mette in difficoltà i tedeschi e l’inerzia psicologica della partita sembra tutta in mano a Nedved e compagni. Niente a che vedere con la gara del girone di 20 giorni prima in cui i tedeschi avevano rifilato 2 gol in scioltezza ai cechi.

Alla fine del primo tempo il risultato è ancora inchiodato sullo 0-0, e l’inizio della ripresa vede una Repubblica Ceca ancor più frizzante. Talmente tanto da trovare il clamoroso vantaggio al 58′ su rigore trasformato da Patrick Berger.

La Germania rivive i fantasmi della finale di quattro anni prima e Berti Vogts deve inventarsi qualcosa al più presto per raddrizzare una gara che pare stregata. Voltandosi verso la panchina il CT tedesco incrocia lo sguardo di Oliver Bierhoff e capisce che deve mettere in campo una punta forte di testa, visto che l’assalto alla porta avversaria sarà infarcito di spioventi verso l’area ceca.

Bierhoff entra così a 20′ dalla fine, pronto a giocare una finale europea nonostante un’esperienza internazionale a grandi livelli piuttosto limitata. Infatti il lungo attaccante tedesco gioca all’epoca nella piccola Udinese, squadra che in Italia lotta per la salvezza. E Oliver non è nemmeno un bomber da copertina, eccelle solo nel colpo di testa, ma con i piedi si dimostra piuttosto grezzo.

Dopo appena 4 giri d’orologio dal suo ingresso però, una punizione dalla tre quarti lo vede svettare con tempismo e potenza riportando la partita in parità.

I tempi supplementari sono inevitabili, confermando la tendenza di un torneo che ha visto 5 delle 7 gare a eliminazione diretta finire oltre i tempi regolamentari.

La paura del golden gol è tanta, ma la Germania non vuole rischiare di andare ai rigori: con la sua condizione di favorita, avrebbe tutto da perdere e poco da guadagnare.

E bastano 5 minuti ai tedeschi per l’apoteosi: una palla strana appena dentro l’area viene difesa da Bierhoff.

Non cercate eleganza o epicità nel movimento della torre tedesca: solo concretezza estrema. Bierhoff si gira, anche piuttosto goffamente, e calcia con il sinistro verso la porta ceca. Ora, i piedi non sono la sua specialità, e il sinistro men che meno, ma la palla di Bierhoff è baciata dal destino: la sfera è sostanzialmente innocua, ma tocca un difensore ceco, ingannando quel tanto che basta il portiere Kouba che può solo opporsi in maniera sommaria con il palmo aperto della mano sinistra. La palla, rallentata e deviata, trova comunque la strada della rete e si adagia beffarda vicino al palo sinistro della porta ceca.

È il primo golden gol a decidere una competizione a livello di nazionali maggiori (il primo in assoluto fu di Pierluigi Orlandini nella finale dell’Euro under 21 del 94) e a segnarlo col piede sbagliato è un macchinoso centravanti che mastica la provincia del calcio italiano da anni.

Anche se ad alzare la coppa dinnanzi a sua Maestà Elisabetta è la Germania con il capitano Klinsmann, possiamo comunque affermare che nonostante tutto l’europeo di calcio si conferma la competizione degli underdog, e questa volta ha premiato Oliver Bierhoff, il protagonista che non ti aspetti sul palcoscenico più regale di quell’estate pallonara del 1996.